Debito e auditoria

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CADTM

(Comitato per l’annullamento dei debiti illegittimi)

 

Fondato in Belgio il 15 marzo 1990, il Comitato per l’Abolizione dei debiti illegittimi (CADTM), è una rete internazionale composta da membri e comitati locali con base in Europa, Africa, America Latina e Asia. Agisce in coordinamento con altre organizzazioni e movimenti che lottano per l’annullamento del debito illegittimo e l’abbandono delle politiche di aggiustamento strutturale e di austerity.

 

Il CADTM ha partecipato all’audit del debito pubblico in Ecuador e alla Commissione parlamentare per la verità sul debito pubblico in Grecia e partecipa ai movimenti contro i debiti illegittimi in numerosi paesi. Il suo lavoro principale consiste nell’elaborazione di alternative radicali che mirino alla soddisfazione universale dei bisogni, delle libertà e dei diritti umani fondamentali.

 

ATTAC ITALIA diventa parte integrante del network internazionale durante l’Assemblea mondiale della rete nel marzo 2016 e nel settembre 2016 viene creato il CADTM Italia grazie all’incontro tra diverse realtà (Commissione per l’audit del debito di Parma, Attac Italia, Communia, Pax Christi, POp-Off Giornalismo, Centro Nuovo Modello di Sviluppo).

Qui l’articolo http://italia.cadtm.org/e-nato-il-cadtm-italia/

 

Qui il sito della rete internazionale del CADTM: www.cadtm.org

Perché un Audit del debito

Al 31 dicembre 2016, il debito pubblico italiano è risultato pari a 2.321,9 miliardi, con un rapporto debito/Pil pari a 132,2%. Si tratta, a dispetto dei proclami di tutti i governi sulla priorità assoluta della riduzione del debito pubblico, di una continua ascesa, che, se collocata nel medio periodo, corrisponde ad un innalzamento di 30 punti percentuali del rapporto debito/Pil negli ultimi 10 anni (102,7% a fine 2006).

Un debito alto che, tuttavia, non è stato una costante della nostra economia.

Nel periodo 1960-1981 il nostro rapporto debito/pil è stato costantemente sotto il 60%, mentre è praticamente raddoppiato nel periodo 1981-1994 passando dal 58,46% al 121,84%., salendo progressivamente da allora sino ai valori attuali.

Poiché oggi il debito è additato come il problema dei problemi, ai cui vincoli vanno sacrificati tutti i diritti e ogni bene collettivo, diviene necessaria la riappropriazione collettiva delle conoscenze intorno allo stesso.

Si tratta, di fatto, di portare alle estreme conseguenze la trappola per la quale il debito delle banche private è stato trasformato in debito pubblico degli Stati ed è stato da questi scaricato sui cittadini.

Se il debito è diventato pubblico e i cittadini sono chiamati ad onorarlo, allora devono essere questi ultimi a conoscerne gli estremi e soprattutto a decidere che farne.

In questo senso l’audit del debito diviene un obiettivo prioritario per rendere di pubblica conoscenza l’entità del debito, con chi è stato contratto, per quali motivazioni ed interessi, attraverso quali procedure legali e quali percorsi decisionali.

Poiché è raro che siano i governi e le istituzioni ad avviare l’auditoria sul debito, occorre che questa venga innanzitutto messa in campo come indagine autonoma, indipendente e popolare da parte dei movimenti attivi ed organizzati nella società.

Questo è un passaggio esiziale per l’esito delle lotte messe in campo dai movimenti stessi, perché se le conflittualità aperte si limitassero a rivendicare diritti, lasciando che il quadro delle risorse -necessarie all’esigibilità dei diritti stessi- sia disegnato dai poteri dominanti, ogni lotta rischia di esprimersi con una grande generosità ma di doversi poi confrontare con altrettanta inefficacia.

La sola idea di un audit popolare sul debito fa inorridire le grandi lobby dei poteri finanziari, le quali – nel più classico stile degli usurai – sono meno interessate all’effettivo saldo di quanto “dovuto”, che non al mantenimento della catena che lo stesso pone alle rivendicazioni di reddito, beni e servizi delle popolazioni.

Naturalmente, l’annullamento del debito va considerato un obiettivo politico, per raggiungere il quale occorrono una grande consapevolezza sociale e forti mobilitazioni popolari, che consentano l’attuazione di una moratoria immediata sul pagamento degli interessi sul debito, l’avvio dell’analisi popolare dello stesso, il rifiuto del pagamento della parte dichiarata illegittima e odiosa, la ristrutturazione della parte rimanente.

Un percorso lungo, ma necessario per non consegnare il nostro futuro alle banche.

Cadtm contro la narrazione dominante sul debito

La necessità di un centro studi nasce dalla constatazione di come l’economia del debito sia la forma assunta dal capitalismo nella sua fase della finanziarizzazione spinta.

 

Di conseguenza, dentro la dottrina neoliberale, la questione del debito non può essere affrontata solamente dal punto di vista economico, bensì come una vera e propria ideologia, una costruzione del mondo e una produzione di soggettività.

Sul debito è stata costruita la narrazione della paura collettiva e dell’angoscia individuale per poter approfondire le politiche di espropriazione dei diritti, e mettere a valorizzazione finanziaria beni comuni e servizi pubblici, riavviando così il processo di accumulazione.

La precarizzazione del lavoro, la vendita del patrimonio pubblico, la privatizzazione dei servizi pubblici locali e nazionali vengono giustificate come necessarie allo scopo di reperire le risorse per onorare il debito contratto. Ma un’attenta analisi può dimostrare come non siano le politiche liberiste di espropriazione necessarie al pagamento del debito, bensì sia quest’ultimo l’alibi necessario per poterle mettere in atto.

Di fatto, il debito è una forma di estrazione di valore -attraverso il pagamento degli interessi- e una forma di dominio sul presente e sul futuro degli assoggettati.

La forza dell’economia del debito sta nell’apparire come un contesto di libertà.

Non c’è bisogno di alcuna repressione o di alcun indottrinamento: i popoli indebitati rimangono formalmente liberi, ma la loro libertà si può esercitare solo dentro il vincolo del debito contratto, e attraverso stili di vita che non ne pregiudichino il rimborso.

La precarizzazione del lavoro, la privatizzazione dei servizi pubblici, la mercificazione dei beni comuni non sono estrazioni di valore dettate da brutali atti di forza e di potere, ma la “naturale” conseguenza di quel vincolo “liberamente” contratto.

Non solo. La costruzione ideologica dell’economia del debito serve anche come tecnologia securitaria finalizzata a disciplinare la società nel presente e nel futuro: la promessa di restituzione del debito travalica l’appropriazione del tempo di lavoro dell’epoca industriale e giunge al diritto di prelazione anche sul tempo non cronologico, sul futuro di ognuno e sull’avvenire della società nel suo complesso.

Mentre l’espropriazione attraverso la repressione violenta priva della libertà nel presente, ma lascia immutata la possibilità di un futuro riscatto, l’assoggettamento attraverso il debito, imponendo l’uniformità dei comportamenti futuri a quelli attuali, disciplina già oggi la società di domani, neutralizzando il tempo come creazione di nuove possibilità.

Contrastare l’economia del debito significa dunque decostruirne la narrazione, intervenendo con capacità di analisi sia sull’aspetto economico, sia sul versante della produzione di soggettività (il debito come colpa), sia infine sul crinale dell’espropriazione di diritti e di democrazia.

 

L’audit sul debito dei Comuni

Cos’è un audit?

 

L’audit non è una proposta “tecnica” ma uno strumento politico di autorganizzazione diffusa, per una iniziativa collettiva in cui si affermi l’idea che tutti i cittadini e tutte le cittadine sono in grado di occuparsi del proprio futuro, anche affrontando consapevolmente le tematiche economiche.

L’audit del debito non è un fine in sé. E’ solo uno strumento, un mezzo, per l’emancipazione delle comunità territoriali.

 

A cosa serve una commissione cittadina per l’audit?

 

L’audit del debito rappresenta una opportunità per mostrare la vera natura di ciò che viene chiamato “pubblico”.

Gli aspetti di trasparenza, di partecipazione democratica, di svelamento della natura privata del debito pubblico servono a definire un modello di città alternativo a quello dominante.

L’audit del debito incoraggia e favorisce l’autorganizzazione dei cittadini, perché prendano

familiarità sia con il controllo diretto e collettivo delle azioni di “quelli che stanno in alto”, sia con l’idea che sono in grado di gestire direttamente la loro vita di ogni giorno.

 

Qual è la ragion d’essere dell’audit?

 

L’audit ha il compito di ricostruire il passato – come si è formato il debito – e di scavare nel presente –come viene gestita la spesa pubblica– per costruire un diverso futuro.

La ragion d’essere di una campagna per l’audit del debito è il concreto incoraggiamento alla partecipazione diretta dei cittadini su tutte le scelte che li riguardano.

 

Perché l’audit è un’attività pubblica?

 

L’audit è un’attività che si rivolge direttamente alla comunità territoriale per spiegare con chiarezza e senza mezzi termini le proprie intenzioni, il perché, il come e l’obiettivo finale di ciò che intende fare. Lo scopo è quello di abituare “coloro che stanno in basso” all’idea che sono in grado, che possono e devono (auto)organizzarsi per realizzare i propri audit là dove abitano, lavorano, studiano e vivono. La legittimazione viene dalle ragioni stesse per cui si è istituito l’audit.

 

Perché un audit sul debito del Comune?

 

Il debito complessivo del paese, incluso quello generato dagli enti locali e da imprese statali, è consolidato nel debito pubblico nazionale, e quindi la gestione complessiva del

debito del paese avviene a livello centrale.

D’altra parte, gli impatti della gestione del debito tramite politiche di austerità fiscale

(aumento di tasse e taglio di spese) nonché gli esempi concreti di possibile generazione di debito illegittimo o illegale – spesso collegato a casi di sprechi e corruzione – sono molto più visibili a livello locale, ossia collegati alla gestione della finanza pubblica degli enti locali.

 

 

Alcuni dati per capire come la crisi del debito

viene scaricata sugli enti locali

 

  1. a) la quota comunale del debito complessivo della pubblica amministrazione è pari al 1,8% (dati Banca d’Italia, 2016);

 

  1. b) la quota comunale della spesa pubblica complessiva è pari al 7,6% (dati IFEL, 2017).

 

Nonostante ciò:

 

  1. a) il contributo richiesto agli enti locali (tagli ai trasferimenti + patto di stabilità+ tagli alle risorse) nelle manovre finanziarie del periodo 2010-2016 è stato di 11,7 miliardi (dati IFEL, 2016);

 

  1. b) nel medesimo periodo, pur essendo aumentate di 7,8 miliardi le imposte comunali, le risorse complessive dei Comuni sono diminuite di 5,8 miliardi (dati IFEL, 2016)

 

Semplici dati che dimostrano come la crisi sia stata scaricata sugli enti locali, al punto che l’aumento delle imposte locali (la cosiddetta “autonomia” tributaria dei Comuni) non è stato finalizzato al miglioramento dei servizi pubblici locali, bensì al “risanamento” dei conti nazionali.

 

Alcune domande da porsi per avviare l’audit

 

Perché il Comune è stato indotto a contrarre un tale debito e perché quest’ultimo non smette di gonfiarsi?

A che titolo e con quali decisioni si sono contratti i singoli prestiti?

Al servizio di quali scelte politiche e di quali interessi sociali il debito è stato contratto?

Chi ne ha beneficiato?

Chi sono i creditori?

Qual è l’ammontare di interessi da pagare, e a che tasso?

Quale parte è stata già pagata?

Qual è l’ammontare del bilancio comunale destinata al ripagamento del debito e relativi interessi?

 

 

Qui la Carta dei comitati per l’audit sul debito locale [ Carta PDF]

Qui il Kit per l’audit sul debito locale [Kit  PDF]

 

 

 

 

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