Attac Italia e il controllo dei movimenti di capitali

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di Andrea Baranes (Presidente della Fondazione Finanza Etica e membro del Consiglio di Amministrazione di Banca Etica)

Una proposta semplice quanto efficace per frenare la speculazione: un’imposta estremamente limitata su ogni compravendita di valute, che non avrebbe impatti sulle normali operazioni di import-export, ma che diventerebbe via via più pesante per chi realizza molte transazioni in tempi brevi per guadagnare su piccole oscillazioni dei prezzi. In estrema sintesi è questo il principio della Tobin Tax. Una ventina di anni fa Attac, con moltissime altre organizzazioni, raccolse oltre 180.000 firme per una legge di iniziativa popolare per la sua introduzione. Le firme furono depositate, partì l’iter istituzionale, ma non se ne fece nulla.

Pochi anni dopo, scoppia la bolla dei mutui subprime, scintilla della peggiore crisi finanziaria della storia recente. Gli stati devono intervenire con migliaia di miliardi per salvare il sistema finanziario responsabile della crisi. Qualcuno si interroga. Non sarà almeno il caso che questa montagna di soldi non arrivi senza alcuna condizione? In altre parole, non dovremmo approvare qualche regola se non altro per evitare il ripetersi di un simile disastro? E in caso, quali regole? A sorpresa – almeno per alcuni – le proposte per una riforma del sistema finanziario sono le stesse avanzate da anni dalle reti della società civile internazionale.

Per fare un esempio, l’UE incarica un gruppo di esperti, guidato dal governatore della Banca Finlandese Liikanen, di analizzare i motivi dietro la bolla dei subprime e di proporre correttivi. Il rapporto Liikanen mette al primo posto tra le riforme da intraprendere la separazione tra banche commerciali e banche di investimento. Semplificando, le banche commerciali sono quelle che conosciamo tutti, con conti correnti e servizi per i piccoli risparmiatori. Le banche di investimento realizzano invece operazioni più complesse e solitamente rischiose. Dopo la crisi del 1929 gli USA decisero di separare nettamente le due tipologie. Tra i diversi motivi per farlo, proprio la crisi dei subprime mostra in modo sin troppo evidente come i giganteschi agglomerati bancari siano “troppo grandi per fallire” (too big to fail) senza mettere a repentaglio l’intera economia e possano quindi di fatto ricattare i governi, obbligandoli agli enormi piani di salvataggio. Uno spaventoso azzardo morale che spinge a prendersi sempre più rischi: se vinco mi tengo i profitti, se perdo scarico le perdite sulla comunità.

Nella stessa direzione, dopo il disastro della bolla dei subprime si ricomincia a parlare di una tassa sulle transazioni finanziarie (TTF), versione ampliata e aggiornata proprio della Tobin Tax. La TTF dovrebbe applicarsi a ogni operazione di compravendita di strumenti finanziari, e non solo alle valute come nella proposta originaria della Tobin.

Negli anni che seguono, sembra la volta buona, grazie alla spinta delle reti e campagne della società civile. In Italia la campagna ZeroZeroCinque vede la partecipazione, oltre Attac, di decine di realtà che spaziano dai sindacati alle Ong di sviluppo. Campagne analoghe si formano in tutta Europa. A febbraio del 2013 la Commissione europea pubblica una bozza di normativa per l’adozione di una Tassa sulle Transazioni Finanziarie. Pochi mesi dopo, nel luglio del 2013, il Parlamento europeo vota in plenaria, a larga maggioranza, in favore di una sua introduzione.

E’ nel momento in cui la discussione passa al Consiglio dell’UE che la faccenda si complica. Ricordiamo che il Consiglio detiene il potere legislativo assieme al Parlamento, ma di fatto è l’istituzione con maggiore potere su scala europea, ed è composto dai rappresentanti dei governi. Come dire che se la tanto criticata Europa in questo caso ha fatto la sua parte, i problemi nascono a livello dei singoli Stati membri. Veti incrociati, distinguo, posizioni altalenanti, che sfociano in un’interminabile serie di richieste di approfondimenti tecnici, pareri, studi, gruppi di lavoro e ricerche. Un modo finalizzato per affossare la discussione, che a metà del 2021 ancora non vede la luce.

Nemmeno le proposte avanzate dalle stesse istituzioni europee all’indomani della crisi dei subprime quindi, e la separazione tra banche commerciali e di investimento o la TTF (solo due tra i possibili esempi) riescono ad essere approvate. Di fatto il salvataggio del 2008 è stato un gigantesco assegno senza condizioni che ha spostato la crisi dalla finanza privata a quella pubblica.

L’incredibile paradosso è che adesso sono le casse degli Stati a essere in difficoltà, e gli stessi mercati finanziari che erano stati salvati con soldi pubblici – e senza condizioni – solo pochi anni prima pretendono delle condizioni, e sono durissime. Lo spread diventa il faro di qualsiasi decisione di politica economica, altrimenti i mercati si arrabbiano. Tagli alle pensioni, alla ricerca, alla sanità, alla spesa pubblica sono all’ordine del giorno.

Il risultato è una finanza ripartita come e peggio di prima, nel mezzo di una pesante crisi economica legata anche alle conseguenze della pandemia. Borse che segnano record storici, sempre più distanti dai fondamentali dell’economia. La definizione stessa di una nuova bolla finanziaria, alimentata dalle incredibili montagne di liquidità immesse dalle banche centrali negli ultimi anni.

Siamo a un nuovo paradosso, forse ancora più incredibile del precedente. Da un lato ci sentiamo ripetere ogni giorno che “non ci sono i soldi”. Non ci sono per gli investimenti necessari per una riconversione ecologica delle attività industriali, per la ricerca, per i servizi pubblici. Sempre più persone e piccole imprese non riescono ad avere accesso al credito, e spesso finiscono preda dell’usura e delle mafie. Nello stesso momento, in realtà, ci troviamo in una situazione di eccesso di liquidità. Di soldi non ce ne sono mai stati così tanti. La liquidità immessa dalle banche centrali è finita solo in minima parte alla cosiddetta economia reale, rimanendo per lo più incastrata in circuiti puramente finanziari, se non speculativi, alimentando la possibile nuova bolla finanziaria.

Un paradosso di eccesso di soldi e mancanza di soldi nello stesso momento che si spiega con l’inaccettabile livello di diseguaglianze tra chi non ha nulla ed è escluso dai servizi finanziari e ricchezze crescenti che cercano sbocchi di investimento: e che si spiega con l’evidenza di una finanza ipertrofica e autoreferenziale che non riesce ad assolvere al proprio scopo sociale, ovvero quello di allocare le risorse dove servono.

Per questo le proposte per una profonda cura dimagrante e riforma del sistema finanziario hanno più senso che mai. Regole per chiudere una volta per tutte l’attuale casinò e riportare la finanza a essere uno strumento al servizio del pianeta e della società. Sapremmo cosa fare, non è una questione di difficoltà tecnica ma di volontà politica. Per riportare la finanza dall’essere uno dei principali problemi a parte della soluzione. Partendo da una vera tassa sulle transazioni finanziarie.

Photo credits: “Robin Hood Tax tug of war at the Barclays AGM” by Robin Hood Tax is licensed under CC BY 2.0

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 47 di luglio-agosto 2021:  “20 anni di lotta e di speranza

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